Storia e tradizione di Sa Berthula, la bisaccia sarda | Cagliari - Vistanet

2022-08-20 12:56:08 By : Mr. Andy Sun

“Sa Berthula” è una grande bisaccia sarda ideata nei primi del 900. Viene realizzata al telaio, con materiali naturali come filati di lana, cotone o lino. La sua forma è rettangolare, veniva usato un unico pezzo di tessuto largo circa 1 metro con i due estremi ripiegati a formare due grandi tasche. Le bisacce sarde avevano una particolarità: venivano decorate con motivi geometrici e floreali e rappresentavano animali o personaggi a seconda del loro utilizzo. Tra i motivi più utilizzati vi è quello del Cavallo, che rappresentava la forza e la virilità.

“Sa Berthula” ha origini antichissime, faceva parte dell’abbigliamento tradizionale che lo sposo doveva possedere al momento del matrimonio. Era proprio la sposa che doveva regalarglielo. Ma il suo utilizzo era molto più ampio. Infatti la bisaccia era una sacca necessaria per gli spostamenti, utilizzata sia dai pastori che dai contadini. Veniva portata a spalla dall’uomo oppure sistemata sul dorso del cavallo o dell’asino e custodiva il necessario per gli spostamenti e per la transumanza. 

Esistevano vari tipi di bisacce e a seconda dell’uso venivano decorate in modo diverso. La bisaccia da lavoro, oltre ad essere utilizzata per contenere il necessario per gli spostamenti, serviva anche da sacco per i semi dei contadini. Questa tipologia veniva realizzata con tessuti semplici, sobri e con pochissime decorazioni. 

Vi era poi la bisaccia utilizzata per occasioni importanti, che era anche un ornamento nei costumi sardi di un tempo. Infatti, soprattutto nel campidanese, “Sa berthula” veniva indossata come parte integrante dell’abito tradizionale. Questa tipologia veniva realizzata con tessuti pregiati e neutri e aveva decorazioni complesse e variopinte. 

Non meno utilizzate erano le bisacce festive. Come detto, venivano donate dalla donna al suo promesso sposo il giorno del matrimonio. Le decorazioni erano personalizzate, andavano dalle iniziali degli sposi o dello sposo, dalle date del matrimonio all’applicazione di simboli romantici.  

Le bisacce sarde adesso sono dei veri e propri oggetti da collezione da esibire sia come decorazione domestica, sia durante le sagre e le feste isolane. Sono infatti diversi gli artigiani che riproducono i manufatti tradizionali dell’isola, soprattutto per l’aumentare della richiesta locale e non.

In Sardegna, Ogliastra compresa, vengono organizzati tantissimi corsi di telaio per imparare le arti antiche sarde, tra cui appunto la creazione di “Sa Berthula”.

Timidissimo vive nelle foreste, soprattutto di latifoglie, nelle zone rocciose montane e nelle valli più impervie della Sardegna.

E’ molto agile e veloce nell’arrampicarsi sugli alberi; attivo soprattutto all’alba e al tramonto, meno nelle ore notturne, trascorre il giorno nella sua tana o nascosto tra la vegetazione.

Cacciatore infallibile si nutre di vertebrati di piccola e media taglia vivi, come topi selvatici, topi quercini e ghiri, piccoli passeriformi, rettili e anfibi. Anche la pernice sarda, la lepre ed il coniglio, se sono presenti nella zona in cui vive per il gatto selvatico sardo sono prede succulente.

Come i suoi parenti domestici, ha l’abitudine di affilarsi le unghie sui tronchi degli alberi, attività con la quale lascia anche tracce olfattive per segnare il suo territorio. Sembra che la sua presenza nell’Isola sia dovuta ai Fenici i quali utilizzavano il gatto africano come animale da compagnia e, a bordo delle loro imbarcazioni, per cacciare i ratti. Probabilmente qualche esemplare fuggito dalle navi fenice si è rifugiato sulle montagne sarde dove si è stanziato evolvendosi in un gatto selvatico con caratteristiche peculiari che lo hanno reso unico. È più piccolo del gatto selvatico europeo, misura infatti 50-70 cm e il maschio pesa fino a 3 chili, mentre la femmina non arriva a 2 chili.

Il suo manto è grigio a striature più scure, ha una caratteristica coda, lunga circa metà del corpo, che termina di netto come se fosse tagliata, ma ciò che lo caratterizza maggiormente sono dei ciuffi di pelo più evidenti sulla cima delle orecchie. In sardo si chiama “Pisittu aresti”, gatto selvatico, e vista la sua indole solitaria, la parola aresti viene anche usata per definire le persone poco socievoli. Gli unici momenti di socialità infatti per il Felis Lybica Sarda sono quelli legati all’accoppiamento e all’accudimento della prole. Si riproduce solo una volta all’anno e già dopo tre mesi i cuccioli diventano autonomi.

Il gatto selvatico sardo è molto raro, rientra nelle specie protette grazie a una legge regionale del 1998, ed è molto difficile riuscire a fotografarlo. Le foto dei primi piani sono di Ignazio Pillitu e rappresentano un esemplare imbalsamato del Museo Minerario di Iglesias.

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