Milano, «Ora si gioca»: l’estate al parco dove i volontari regalano ai cani una nuova vita- Corriere.it

2022-08-12 11:01:16 By : Mr. Wynn Lee

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Le storie (spesso disperate) degli animali del rifugio comunale. Enrico, 84 anni, arriva ogni giorno alle 9: c’è un pitbull che l’aspetta

Sara V non è una principessa. È arrivata incinta. Nessuno lo sapeva. I cuccioli sono nati il 20 luglio. Nove. Il battesimo ha richiesto il solito sforzo d’inventiva. Frida, Ingrid, Helga, Lena, Daven... Nomi vichinghi. Bisogna aver fantasia, quando nel canile c’è una nuova cucciolata. «Nel tempo abbiamo usato nomi di fiori, colori, costellazioni, cocktail... Sapesse quanti “mojito” abbiamo allevato! E poi i venti: piccoli föhn, alizee, zefiro...». Sorriso: «Anche i vizi capitali». Sara V l’hanno portata due agenti di Polizia locale. Cane sotto sequestro. Veniva usata per l’accattonaggio, ma in modo feroce . «Non è che si tolgono in automatico i cani ai clochard o ai mendicanti, perché spesso per queste persone gli animali sono compagni di vita, e per quanto possibile se ne prendono cura», spiega Manuela Michelazzi , la direttrice sanitaria . Sara V invece stava sempre in strada sotto il sole, senz’acqua, prostrata. Alle 9 e mezzo d’un mattino di questa estate torrida i suoi cuccioli si sono addormentati nel loro box in ombra. Un paio sembrano scossi da lievi fremiti. Sono brividi buoni. «Stanno cominciando a sognare». La giornata inizia così.

Al contrario di molte altre parti d’Italia, a Milano di fatto non esiste randagismo . Al canile non entrano quasi mai cani trovati per strada. Sono le autorità (sanitaria, giudiziaria, di polizia) che vanno a strappare gli animali dall’infame inferno imposto loro dagli umani: al contrario del comune immaginario, non è l’abbandono . Qui cani e gatti vengono ospitati per ordine della magistratura (sequestri amministrativi o penali di cani usati per fare rapine, maltrattati da tossici che vengono arrestati, pericolosi perché allevati nella violenza), o presi in carico perché i loro padroni anziani muoiono da soli, o finiscono in una Rsa, o infine per un’altra deriva psichiatrica di cui si vedono sempre più casi, gli accumulatori seriali , di cani ma soprattutto di gatti.

E dunque al «Parco rifugio canile e gattile» del Comune di Milano , otto padiglioni per cani e uno per gatti , più una ex cascina d’uffici, su 35 mila metri quadrati di parco alla periferia est della città , gli animali non entrano soltanto con un passato ignoto. No, ognuno ha la sua storia. Animali che raccontano i mali sociali (la solitudine, la droga, le patologie psichiatriche) di una metropoli che in questa estate 2022 galleggia e boccheggia laggiù : piazza del Duomo è a 5 chilometri. Dai loro box (ognuno col riscaldamento a terra per l’inverno e uno spazio aperto, sempre ombreggiato anche d’estate) ogni cane esce due volte al giorno. A gruppetti quando si può. Molti da soli, con un educatore cinofilo (ce ne sono venti, della ditta Russo , che ha in appalto il servizio) che prova a lenire le ferite che hanno alterato il loro carattere.

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Ore 10.30. Pablo scorrazza in un pratone recintato. Bull terrier, quattro anni, all’apparenza tranquillo. Quando è arrivato, sembrava matto . Si presentò il padrone sostenendo che non poteva tenerlo, perché era esagitato con sua figlia. Si scoprì che l’uomo trafficava , e che ogni tanto il cane trovava una bustina di cocaina e la leccava . Gli hanno fatto una risonanza per verificare i danni neurologici. A quasi 4 anni, è ancora incompatibile con un’adozione . Il pitbull suo vicino di box è arrivato di pochi mesi. Il padrone, cocainomane, gli aveva tagliato e cucito le orecchie da solo in casa; aveva brutte infezioni. Finita così: padrone arrestato, pitbull in canile. Ore 11. «Esco con Joe Pesci» , sorride l’educatore. Joe Pesci è un pastorone tedesco che s’è trovato affibbiato quel nome d’attore americano che rimanda alla mafia cinematografica di «Quei bravi ragazzi». «Stava nel mondo della droga anche il suo padrone». Spacciava e picchiava il cane. Poi è morto. E Joe Pesci è qui. Uno dei casi più complessi per conseguenze comportamentali. Chissà se mai sarà adottabile . Come la Fla . Che però ha il suo amico speciale .

Mangia una mela ogni mattina, e aspetta il suo frutto educata, come fosse una bambina. Lei che potrebbe divorarla in un boccone unico, con le sue spalle muscolose e le mascelle imperiose da pitbull adulta: «Ma anche lei ha i suoi vezzi, e io la mela gliela pulisco. Perché alla Fla la buccia non piace», dice il signor Enrico Gobba, 84 anni, pensionato, volontario che negli ultimi dieci anni, ogni giorno, alle 9 in punto, entra, firma il registro e va diretto a prendere la Fla . Solo lui può avvicinarla; quando sono insieme, nessuno può avvicinarsi a lui. Enrico e la Fla fanno un giro nel verde che circonda i padiglioni, alle 10 vanno a giocare «in casetta», che è uno stanzone con divani, tavolo, mobili pieni di giochi, un aspirapolvere : «Il luogo dove i cani vengono educati o rieducati agli spazi e ai rumori di un appartamento insieme ai futuri padroni, prima d’essere adottati. Per noi un cane che rientra dopo essere stato affidato è una sconfitta, per questo è un percorso lungo », racconta la direttrice.

Il volontario Enrico con la pitbull Fla (Foto Lapresse)

La Fla invece «in casetta» ci va col suo compagno umano a giocare, e alle 11 e mezza Enrico esce ed esclama: «Abbiamo ripulito tutto per bene. È la Fla che me lo dice. Lei vuole il pulito». Si può sorridere della frase pronunciata da quest’uomo con gli occhi d’un celeste profondo, ma non è da liquidare come benigna follia: basta vedere come il pitbull gli lecca la faccia e il collo. Piccolo miracolo d’empatia e dolcezza . Osmosi canile/città. Merito dell’altra Milano che arriva fin qua a dispensare umanità. E di chi cerca di fare di questo rifugio per animali un luogo di incontro, e non solo un ricovero . Racconta la direttrice: «Sono una quarantina i volontari che vengono regolarmente, prendono i cani e li fanno passeggiare nel parco, li curano e li coccolano». Come la signora che a fine mattinata passeggia con un rottweiler . Di quella razza ce ne sono quattro e ogni giorno accolgono lei, solo lei. Stamattina uno entra in una tinozza di plastica rossa, piena d’acqua, che fa da micro piscina sotto una magnolia.

È passata da poco l’ora del pranzo. «Non saltare Juno». Bisogna subito allontanarsi dal box, altrimenti questo pitbull di 3 anni sprigiona tutta la sua forza ed esuberanza schizzando fin quasi al soffitto. «Arrivano talmente in alto che quando atterrano rischiano di rompersi i legamenti crociati. Abbiamo avuto diversi casi», racconta Cristina Paluan, che gestisce operatori ed educatori . Juno per ora alloggia nell’ultimo box del padiglione 8, in coda ai 138 cani ospitati oggi , tra i quali 43 american staffordshire , american bully , perro da presa canario , pitbull , e poi 6 corsi , 3 dogo argentino , 11 rottweiler (numeri che danno ancora la proporzione di quanti cani potenzialmente più a rischio finiscano in mano a personaggi equivoci). Juno però no: lui è un cane del Covid . Uno dei tanti. Presi durante la pandemia . Mollati col ritorno a una vita sociale normale. C’è stata un’ondata di adozioni due anni fa, s’assiste a un’ondata opposta adesso. I tre meticci trovati invece a casa d’una signora, 63 anni, deceduta sola e senza famiglia, probabilmente un contatto con l’esterno non ce l’avevano mai neppure avuto. Sono «parenti»: tutti e tre neri, con una stessa malformazione alla mascella, quasi non camminano perché nessuno li ha mai portati fuori, e non hanno muscoli, ma sono schiacciati da una paura di qualsiasi cosa. Erano una compagnia per quella donna, forse: ma, trattati a quel modo, non erano anche «oggetti viventi» vittime d’accumulazione compulsiva?

Per provare a rispondere, quando ormai è pomeriggio, bisogna avvicinarsi al gattile . Sono casi che aumentano. I vicini di casa segnalano. Le autorità intervengono. L’ultima volta hanno trovato una situazione così: appartamento in condominio zona San Siro, marito e moglie all’apparenza impeccabili, dentro casa il pavimento era però coperto da una catasta unica di scatolette di cibo ed escrementi di gatti. Erano 28, tutti siamesi, imprigionati in un disastro igienico e umano . Oggi sono stati quasi tutti adottati e al gattile ne restano tre. In un altro caso, in un appartamento, ne hanno trovati 46. Una povera gatta d’istinto s’era rifugiata a partorire su un armadio, per dare un luogo decente ai suoi piccoli, almeno al momento della nascita. Sono tutti salvi, anche loro. Come il gattone di 15 anni che proprio stamattina è stato mollato in strada. Motivo: non spendere per curarlo . «Qualche caso del genere capita, verrà qui nel gattile. Lo metteremo nel reparto “geriatria”, dove teniamo tutti i gatti anziani. Hanno bisogno di attenzioni particolari . E soffrirebbero l’esuberanza dei giovani».

Cristina Paluan della ditta Russo: gestisce operatori ed educatori del canile del Comune di Milano (Foto Lapresse)

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